La didascalia recita: ФРАГМЕНТ ОВГОРТКИ ЧЕРНІВЕЩЬКА ОВЛАСТЬ ХХ СТ
Frammento di sacca della regione di Chernivtsi del XX sec.
Buchovina settentrionale, al confine con la Romania. Il capoluogo viene chiamato anche la “piccola Vienna”, i legami con l’impero asburgico, in quelle regioni, sono forti.
Nel 1997 ebbi la fortuna di viaggiare in Ucraina, visitai Kiev e Leopoli, conobbi artiste tessili e visitai i loro studi. Acquistai un piccolo arazzo che decora la mia cucina nella casa umbra e due rushnik, tessuti votivi in cotone bianco, nero e rosso.
Viaggiavo con un amico che studiava russo all’università di Kiev, in un programma di scambio universitario e anche se il cirillico e le lingue parlate dalle persone che incontravo mi erano sconosciuti, me la cavavo grazie a lui, a un po’ di inglese parlato dagli ucraini di allora e del poco tedesco che so io. A Leopoli mi veniva descritta l’epoca felice in cui la città era parte dell’impero asburgico: faticavo a capirne il motivo, anche se mi veniva ripetuto che peggio dei nazisti e dei sovietici c’era stato solo l’incidente di Černobyl.
Gli effetti della nube erano ben percepibili, gli abiti indossati per strada dovevano esser lasciati nel vestibolo, in casa si calzavano solo pantofole.
Un paese che aveva trascorsi difficili quindi, ma anche una terra fertilissima con mercati pieni di ortaggi e fiori e tante donne, forti e indipendenti.
Il grigiore post-sovietico, l’inquinamento terribile non riuscivano ad annientare una cultura popolare vivace, coloratissima! tornai a casa con la sensazione di esser stata nel paese delle fate: donne luminose che sapevano maneggiare i misteri della vita e della bellezza.
Trovai un libro, stampato nel 1960, sulle tradizioni tessili locali; è scritto in ucraino con traduzione russa a fronte ma fortunatamente per me è ricco di illustrazioni. Non lo posso leggere ma è ugualmente prezioso.
Scoppiata la guerra, due anni fa, l’ho ripreso in mano ed ho trovato un tessuto che ho voluto studiare e riprodurre. Il libro riporta molte illustrazioni, ma non grafici: non è un testo tecnico.
Osservando l’illustrazione si notano dei bei giochi di righe a cui fanno contrappunto delle fasce orizzontali a totale copertura d’ordito. La densità della trama è maggiore di quella dell’ordito.
Ho studiato un gioco di righe che fosse un po’ più semplice di quello illustrato: la gamma di filati che avevo a disposizione era più limitata.
Ed ho giocato un po’ con una app che permette di visualizzare rapidamente rigati e tessuti a scacchi: Plaid Maker.
questa è la prima interpretazione, a cui è seguita una variante
il filato scelto, un cotone a tre capi, è un po’ rigido: l’originale è sicuramente in lana, materiale con elasticità e corpo diversi, mi riprometto di verificare a telaio.
Ci ho messo più di un anno a pubblicare questo articolo: spero di riuscire a tessere una nuova serie di campioni in tempi più ragionevoli e darne relazione sul blog.
I tuoi racconti cosi attenti a i dettagli e alle cornici storiche, trasmettono l’emozione che hai vissuto. I tuoi racconti trasmettono il viaggio con lentezza, e io trovo che il viaggio ha con se il vero senso della vita, l’osservare, il conoscere, l’interscambiare. Brava Eva, a parte le tue competenze, le tue emozioni si fanno sempre più vedere e sentire, bel racconto
Ti ringrazio Diamantina,
troppo gentile. Fu un viaggio molto interessante, Avevo portato con me una lista di contatti ricavati dal database di European Textile Network. In una galleria di Kiev conobbi un’artista di poco più grande di me: Nina Lapchik. Mi fece vedere i suoi lavori, fra questi c’era un grande feltro. Le chiesi dove l’avesse realizzato, dove si praticasse quell’arte così intrigante… mi rispose che era stata in Ungheria e subito mi vidi con la valigia alla frontiera del paese magiaro!
Mi dette dei contatti a Leopoli e così visitai lo studio di Natalka Shimin, che realizzava dei batik, non ricordo molto di lei. E quello di Olia Paruta Vitruk, che mi ricevette in un ampio appartamento pieno di oggetti bellissimi: suo padre era stato un antropologo, viveva in un museo! Le comprai un piccolo arazzo: un piccolo gioiello che non avrebbe dissanguato le mie finanze di quasi-studentessa e non avrebbe appesantito la valigia.
E poi conobbi Oksana Ribotiska, insegnante alla scuola d’arte applicata che mi fece visitare il laboratorio della scuola, pieno di bei telai e lavori d’arazzo perfettamente eseguiti. Oksana ci invitò l’indomani a pranzo e ci accolse con il marito e una tv accesa su Linea Verde! Anni ed anni più tardi mi ha trovata su Facebook e ogni tanto ci scambiamo un saluto.
Tracce delle altre le cercai nel 2014, durante la rivoluzione del Maidan: Nina era emigrata in USA, delle altre ho perso le tracce. Ma è curioso come ricordi esattamente i nomi di quattro persone incontrate più di venticinque anni fa…